PROGRAMMA VILLAE FILM FESTIVAL

  Quando l’arte è in movimento | Villae Film Festival |

Villa d'Este | 6/12 settembre 2021 | ore 20.30 | Ingresso libero


Ore 20.30 incontro LA RIVOLUZIONE SIAMO NOI. Introduce Andrea Bruciati. Intervengono Ilaria Freccia e Ludovico Pratesi

Ore 21.00 i filmati dell’Archivio Storico Luce

Ore 21.15 proiezione LA RIVOLUZIONE SIAMO NOI di ILARIA FRECCIA


LA RIVOLUZIONE SIAMO NOI

regia di Ilaria Freccia, con Marina Abramović, Fabio Sargentini, Lia Rumma, Tucci Rosso, Lucio Amelio, Peppe Morra, Germano Celant, Achille Bonito Oliva

2020, Italia, 83', documentario

“La rivoluzione siamo noi” è una frase utilizzata dall’artista Joseph Beuys per riferirsi a quel movimento che comportò l’uscita dell’arte dai musei e dalle situazioni più istituzionali nel nome di una creatività artistica che coinvolgesse la gente nelle strade e nelle piazze. Non più solo dipinti e sculture, ma performance, istallazioni e azioni che coinvolgevano il pubblico. Sono i dieci anni dal 1967 al 1977 e Ilaria Freccia li ricostruisce con materiali d’archivio ma anche con interviste agli artisti stessi, ai galleristi che spesso erano dietro queste azioni spettacolari e inconsuete e ai critici che vissero e scrissero di quegli artisti e del loro nuovo operare. Il documentario è stato scritto insieme al critico d’arte Ludovico Pratesi.

Ilaria Freccia è regista e produttrice, ma anche film maker e fotografa. Ha lavorato con la compagnia teatrale Mabu Mines a New York e ha realizzato documentari per H.B.O. I suoi lavori hanno ottenuto premi nazionali e internazionali. Sta sviluppando il lungometraggio Wildfire e la serie A Priceless Gift: vita e morte di Jane Stanford.


Ore 20.30 incontro UN CHIEN ANDALOU e BELLA DI GIORNO. Introduce Andrea Bruciati. Interviene Raul Grisolia e Paolo Vivaldi

Ore 21.00 i filmati dell’Archivio Storico Luce

Ore 21.15 proiezione UN CHIEN ANDALOU e BELLA DI GIORNO di LUIS BUÑUEL


UN CHIEN ANDALOU

regia di Luis Buñuel, soggetto e sceneggiatura Luis Buñuel e Salvador Dalí, con Pierre Batcheff, Simone Mareuil, Luis Buñuel, Salvador Dalí

1929, Francia, 16', grottesco - Visione consigliata a un pubblico adulto

Il cortometraggio, che non ha un tessuto narrativo tradizionale, si apre con una delle scene più famose e agghiaccianti della storia del cinema: la lama di un rasoio taglia l’occhio di una donna intenta a osservare un romantico chiaro di luna. Si susseguono poi immagini ricche di allusioni a un desiderio sessuale tanto forte quanto represso. Tali immagini sembrano affondare in un inconscio inafferrabile portato alla luce proprio dalla poetica surrealista dell’opera. David Bowie utilizzò quest’opera in un suo tour.

Luis Buñuel nacque in Spagna nel 1900 e morì in Messico nel 1983. Educato in un collegio di gesuiti a Saragozza, si dichiarò poi “profondamente e coscienziosamente ateo” sostenendo di non essere interessato a Dio ma agli uomini. Frequentò, tra gli altri, Federico García Lorca e Salvador Dalí, con il quale scrisse i suoi primi film. Nel 1925 si trasferisce a Parigi, dove gira Un chien andalou. Tornato di nuovo in Spagna, in seguito alla sconfitta della Repubblica Spagnola si sposta negli Stati Uniti e nel 1940 in Messico. Con I figli della violenza riceve il gran premio della giuria al Festival di Cannes 1951, mentre dieci anni dopo ottiene la Palma d’Oro con Viridiana. Vince il Leone d’argento con Intolleranza: Simon del deserto, il Leone d’oro nel 1967 con Bella di giorno e l’Oscar quale miglior film straniero con Il fascino discreto della borghesia. Nel 1977 gira Quell’oscuro oggetto del desiderio, il suo ultimo film.


Ore 20.30 incontro UN CHIEN ANDALOU e BELLA DI GIORNO. Introduce Andrea Bruciati. Interviene Raul Grisolia

Ore 21.00 i filmati dell’Archivio Storico Luce

Ore 21.15 proiezione UN CHIEN ANDALOU e BELLA DI GIORNO di LUIS BUÑUEL


BELLA DI GIORNO

regia di Luis Buñuel, sceneggiatura Luis Buñuel e Jean-Claude Carrière, con Catherine Deneuve, Michel Piccoli, Geneviève Page, Georges Marchal, Jean Sorel, Pierre Clémenti, Françoise Fabian

1967, Francia, 95’, drammatico V.M. 14

Tratto dal romanzo di Joseph Kessel del 1929, il film racconta l’inquietudine di Séverine che, moglie di un medico affermato e con una vita decisamente agiata, trova rimedio alla sua angoscia andando a prostituirsi in una casa d’appuntamenti. Per un certo periodo Séverine riesce a tenere nettamente separate le sue due vite di moglie tanto educata quanto frigida e di prostituta estremamente gettonata, ma poi il gioco si fa pericoloso e le conseguenze saranno inevitabili.

Luis Buñuel nel 1925 si trasferisce a Parigi, dove gira Un chien andalou. Tornato di nuovo in Spagna, in seguito alla sconfitta della Repubblica Spagnola si sposta negli Stati Uniti e nel 1940 in Messico. Con I figli della violenza riceve il gran premio della giuria al Festival di Cannes 1951, mentre dieci anni dopo ottiene la Palma d’Oro con Viridiana. Vince il Leone d’argento con Intolleranza: Simon del deserto, il Leone d’oro nel 1967 con Bella di giorno e l’Oscar quale miglior film straniero con Il fascino discreto della borghesia. Nel 1977 gira Quell’oscuro oggetto del desiderio, il suo ultimo film.


Ore 20.30 incontro IL DESERTO ROSSO. Introduce Andrea Bruciati. Intervengono Adriana Chiesa Di Palma, Paolo Ferrari e Fariborz Kamkari

Ore 21.00 i filmati dell’Archivio Storico Luce

Ore 21.15 proiezione IL DESERTO ROSSO di MICHELANGELO ANTONIONI


DESERTO ROSSO

regia di Michelangelo Antonioni, con Monica Vitti, Richard Harris, Carlo Chionetti, Xenia Valderi

1964, Italia, Francia, 117', drammatico V.M.14

In seguito a un incidente d’auto Giuliana entra in uno stato di depressione profonda. L’ambiente in cui vive, una Ravenna completamente industrializzata, non migliora certo la situazione. Solo Corrado, amico e collega del marito, sembra poterle offrire aiuto. Si tratta, però, di un’illusione: anche Corrado, con cui Giuliana intreccerà una relazione, nasconde con continui viaggi di lavoro una profonda incapacità di adattamento alla realtà che lo circonda. Ma si tratta solo di un palliativo.

Michelangelo Antonioni, frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia. Già negli anni Quaranta scrive sulla rivista “Cinema”, poi collabora con personalità come Rossellini e Visconti e suo è il soggetto del primo film di Fellini, Lo sceicco bianco. Dopo Cronaca di un amore (1950) realizza alcuni dei film che caratterizzano la cultura cinematografica italiana con la loro ricerca su temi come l’incomunicabilità e il disagio esistenziale. Il deserto rosso, il suo primo film a colori, in cui per la prima volta collabora con il direttore della fotografia Carlo Di Palma, ottiene il Leone d’Oro alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia del 1964 e il Nastro d’argento per la miglior fotografia. Tra 2015 e 2016 a Roma si è tenuta una mostra di tele dipinte da Michelangelo Antonioni che all’attività di regista cinematografico ha accostato anche quella di pittore.


Ore 20.30 incontro UMANO NON UMANO. Introduce Andrea Bruciati. Intervengono Achille Bonito Oliva e Giancarlo Scarchilli

Ore 21.00 i filmati dell’Archivio Storico Luce

Ore 21.15 proiezione UMANO NON UMANO di MARIO SCHIFANO


UMANO NON UMANO

regia di Mario Schifano, con Alexandra Steward, Adriano Aprà, Carmelo Bene, Rada Rassimov, Mich Jagger, Keith Richards, Sandro Penna, Alberto Moravia, Giovanni Rosselli, Franco Angeli, Maurizio Calvesi

1969, Italia, 98’, drammatico

Il film si compone di situazioni diverse unite dal comune sottofondo sonoro di un battito cardiaco. Così vediamo un uomo che lacera lo schermo cinematografico su cui è proiettato un film di Godard, una manifestazione in piazza Colonna, un giovane che vorrebbe far l’amore con la compagna senza riuscirci, immagini dello scrittore Alberto Moravia, del poeta Sandro Penna, un artista che costruisce una grande falce e martello come un’opera di land art. Il film fu prodotto dalla Mount Street Film, casa fondata da Anita Pallenberg, Mick Jagger e Keith Richards. In seguito a contrasti con Mario Schifano, però, gli ultimi due lasciarono il progetto.

Mario Schifano nasce in Libia nel 1934 e giunge a Roma al termine della guerra. Nel 1959 espone tele che, con il loro spessore materico, guardano alla pittura informale, mentre nel 1960 le sue opere figurano insieme a quelle di Franco Angeli, Tano Festa, Francesco Lo Savio e Giuseppe Uncini. Dopo che nel 1962 alcune sue tele sono esposte a New York, Schifano fa un viaggio in America e conosce così la Pop Art. Negli anni successivi le immagini dei mass media sono per lui materia di ispirazione. Nascono così le opere cinematografiche Anna Carini vista in agosto dalle farfalle, Satellite e Umano non umano. Negli anni Settata l’immagine televisiva diventa protagonista delle sue tele. Schifano partecipa a importanti mostre organizzate da Achille Bonito Oliva, Maurizio Calvesi e Germano Celant. Muore a Roma nel 1998.


Martin Eden

regia di Pietro Marcello, con Luca Marinelli, Carlo Cecchi, Jessica Cressy, Vincenzo Nemolato, Marco Leonardi, Maurizio Donadoni, Chiara Francini, Aniello Arena, Giordano Bruno Guerri

2019, Italia, Francia, 129’, drammatico, sentimentale, storico 

Il film si ispira liberamente al romanzo di Jack London e ne sposta la vicenda da Oackland a Napoli. Martin Eden è un marinaio che salva il giovane Arturo Orsini da un’aggressione e, per riconoscenza, è accolto dalla di lui famiglia nonostante la diversa estrazione sociale. Conosce così Elena, la sorella di Arturo, e se ne innamora. Nel tentativo di essere all’altezza della ragazza, Martin cerca di darsi quell’istruzione che non ha mai avuto la possibilità di avere. Capisce, così, che il suo talento e la sua passione sono la scrittura. Il problema è che non è facile vivere scrivendo. Almeno all’inizio.


Pietro Marcello si forma all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove studia pittura. Fin dall’inizio si dedica al genere documentaristico. Realizza Il tempo dei magliari, documentario radiofonico per Radio 3, vince al Festival Libero Bizzarri del 2004 con Il cantiere e, l’anno successivo, gira La baracca, sulla figura di un senzatetto del centro storico di Napoli. Nel 2007 realizza Il passaggio della linea, sui treni notturni d’Italia. È con il successivo La bocca del lupo che vince il Torino Film Festival, il Nastro d’argento e il David di Donatello. Martin Eden è il suo secondo lungometraggio ed è stato presentato alla 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove il protagonista Luca Marinelli ha vinto la Coppa Volpi quale miglior interprete maschile

Ore 20.30 incontro MARINA ABRAMOVIĆ: THE ARTIST IS PRESENT. Introduce Andrea Bruciati. Intervengono Gioia Avvantaggiato e Consuelo Lollobrigida

Ore 21.00 i filmati dell’Archivio Storico Luce

Ore 21.15 proiezione MARINA ABRAMOVIĆ: THE ARTIST IS PRESENT di MATTHEW AKERS e JEFF DUPRE


THE ARTIST IS PRESENT

regia di Matthew Akers e Jeff Dupre, con Marina Abramović, Ulay, Klaus Biesenbach

2012, USA, 106', documentario

Il documentario racconta la preparazione e lo svolgimento di The artist is present, performance di Marina Abramović che si è tenuta al Museum of Modern Art (MOMA) di New York nella primavera 2010 con una durata di oltre 700 ore. Questa performance prevede che l’artista rimanga seduta a un tavolo e, per un certo tempo, fissi negli occhi la persona che di volta in volta si siede di fronte a lei. La “presenza” qui non è più un concetto astratto ma comporta un sentire reale. 

Marina Abramović nasce a Belgrado nel 1946. Al 1974 risale la sua prima performance in Italia. Due anni dopo si trasferisce ad Amsterdam e inizia la relazione con il performer tedesco Ulay che, compagno nella vita, condividerà gran parte del suo percorso artistico. Insieme creeranno performance memorabili come Rest Energy, del 1980, in cui Ulay trattiene la corda di un arco la cui freccia è puntata al cuore della Abramović, oppure Imponderabilia, presentata a Bologna nel 1977, in cui i due sono nudi uno di fronte all’altra ai due lati di uno strettissimo passaggio da cui transita il pubblico. Nel 1997, con Balkan Baroque, Marina Abramović vince il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia.



Il documentario MARINA ABRAMOVIĆ THE ARTIST IS PRESENT è codiretto da Matthew Akers e Jeff Dupre. Presentiamo qui la biografia di Marina Abramović in quanto autrice della performance oggetto del documentario

Ore 18.00 Incontro e proiezione BIANCANEVE E I SETTE NANI di WALT DISNEY. Intervengono Virginia Brancucci, Loredana Brancucci e Nunziante Valoroso.


BIANCANEVE E I SETTE NANI

regia di Dave Hand, Perce Pearce, Bill Cottrell, Larry Morey, Wilfred Jackson, Ben Sharpsteen, produzione Walt Disney Productions

1937, USA, 83’, animazione

Primo lungometraggio d’animazione prodotto negli Stati Uniti d’America dalla Walt Disney Productions, Biancaneve e i sette nani si ispira alla fiaba dei fratelli Grimm. La vicenda è quella della giovanissima Biancaneve che, alla morte del padre, rimane con la matrigna Grimilde.
 

Walter Elias Disney nasce a Chicago il 5 dicembre 1901. Insieme alla famiglia si trasferisce a Kansas City dove, a circa dieci anni, lavora come strillone per l’impresa del padre. Tornati a Chicago, il giovane Walter si iscrive all’Accademia di belle arti e, dopo l’esperienza della guerra, lavora a Kansas City come disegnatore pubblicitario. Così conosce Ub Iwerks, con cui fonda la prima società di animazione. Questa ha vita breve, ma i due riescono a inserirsi alla Kansas City Film, dove realizzano filmati pubblicitari o ispirati alla politica del momento. Seguiranno poi, nel 1922, i primi cortometraggi ispirati al mondo della fiaba: Cappuccetto rosso, Il gatto con gli stivali e Cenerentola. Economicamente l’impresa non sembra funzionare: dopo avere dichiarato fallimento, Walter raggiunge il fratello a Hollywood con solo 40 dollari in tasca. Qui, però, in un garage, nascono i Disney Brothers Studios, il germe della Walt Disney Company.

Ore 20.30 incontro IL GIARDINO DELLE DELIZIE. Introduce Andrea Bruciati. Interviene Carola Proto

Ore 21.00 i filmati dell’Archivio Storico Luce

Ore 21.15 proiezione IL GIARDINO DELLE DELIZIE di LECH MAJEWSKI


IL GIARDINO DELLE DELIZIE

regia di Lech Majewski, con Claudine Spiteri, Chris Nightingale, Barry Chipperfield, Maria Novella Martinoli

2004, Regno Unito, Italia, Polonia, 103’, drammatico

Tratto dal romanzo Metaphysics di Lech Majewski, il film racconta della storica dell’arte Claudine e del suo compagno Chris, ingegnere navale. Alla notizia della malattia incurabile di lei, i due decidono di trasferirsi a Venezia. Qui Claudine cerca di costruire attorno a sé il mondo di Il giardino delle delizie di Hieronymus Bosh, il luogo dei piaceri, “il luogo”, dice Claudine, “dove tutto è concesso”.

Lech Majewski è scrittore, pittore e regista nato in Polonia nel 1953 ed emigrato in occidente negli anni Ottanta. Nel 2006 il Museum of Modern Art di New York ha presentato una retrospettiva completa dei suoi film. Se Il giardino delle delizie si ispira al dipinto di Hieronymus Bosch che ha lo stesso titolo, a Pieter Bruegel guarda I colori della passione con Rutger Hauer, Charlotte Rampling e Michael York.

Ore 18.00 Incontro e proiezione FANTASIA di WALT DISNEY. Intervengono Alessandro Quarta e Nunziante Valoroso


FANTASIA

regia di registi vari, direttore d’orchestra Leopold Stokowski, produzione Walt Disney Productions

Il film si compone di segmenti di animazione concepiti su brani di musica classica. Scene live-action danno l’avvio alla successione di immagini che, in un certo senso, trasformano la suggestione sonora in suggestione visiva. Disegni astratti si uniscono alle riprese degli orchestrali, personaggi di animazione come Topolino appaiono in scenari fantastici che passano dalla pura fantasia alla rievocazione dell’origine del pianeta Terra. Il lungometraggio, che riprende il connubio di musica classica e animazione già proposto da Disney qualche anno prima nelle Sinfonie allegre, fu proiettato per la prima volta a Broadway il 13 novembre 1940. Vari elementi, legati anche alla Seconda guerra mondiale, tuttavia ne complicarono la distribuzione con pesanti conseguenze economiche.


Quando nel 1923 Walter Elias Disney si recò a Hollywood, portò con sé il cortometraggio Alice nel paese delle meraviglie, dove insieme ai personaggi di animazione appariva anche un’attrice in carne e ossa, da cui nacque la serie Alice Comedies. Al 1928 risale il cortometraggio Streamboat Willie dove appare il personaggio di Mickey Mouse, al 1934 il corto The Wise Little Hen, dove per la prima volta figura Donald Duck. Il 1937 è l’anno del primo lungometraggio Disney, Snow White and the Seven Dwarfs (Biancaneve e i sette nani), che vincerà l’Oscar 1939. Seguiranno Pinocchio, Fantasia, Bambi, Cenerentola, Alice nel paese delle meraviglie.

Ore 20.30 incontro LA DOLCE VITA. Introduce Andrea Bruciati. Interviene Pasquale Cuzzupoli e Mario Dal Bello

Ore 21.00 i filmati dell’Archivio Storico Luce

Ore 21.15 proiezione LA DOLCE VITA di FEDERICO FELLINI


LA DOLCE VITA

regia di Federico Fellini con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Anouk Aimée, Yvonne Fourneaux, Alain Cuny

1960, Italia Francia, 180’, drammatico [V.M.14]

Un viaggio nella Roma mondana del 1960. Il giornalista Marcello, con il fotoreporter Paparazzo, documenta la vita della capitale tra feste, miracoli, scandali e tragedie personali. Il racconto si compone di episodi narrativamente indipendenti che, insieme, compongono un affresco di grandissimo impatto. Palma d’Oro a Cannes, questo film è stato un successo planetario e motivo di scandalo al punto che dai pulpiti di molte chiese si levava l’invito a evitarne la visione. In tutto il mondo il nome di Paparazzo è diventato termine comune per indicare il fotografo d’assalto.

Federico Fellini, nato a Rimini nel 1920 e morto a Roma nel 1993, è uno dei più noti e importanti registi italiani. I suoi film La strada, Le notti di Cabiria, 8 ½ e Amarcord hanno vinto l’Oscar come miglior film straniero, mentre nel 1993 gli è stato dato l’Oscar alla carriera. Federico Fellini dirige il suo primo film dopo una lunga esperienza nel mondo dello spettacolo come sceneggiatore, autore radiofonico e autore di gag, nonché dopo l’importante attività di disegnatore per la più importante rivista satirica italiana del momento, il Marc’Aurelio.

PROGRAMMA VILLAE FILM FESTIVAL

  Quando l’arte è in movimento  | Villae Film Festival |

Villa Adriana | 12/18 luglio 2021 | Ingresso libero

Volevo Nascondermi

regia di Giorgio Diritti, con Elio Germano

2020, Italia, 120’, biografico drammatico

Il film racconta la vicenda biografica del pittore Antonio Ligabue. Figlio di emigranti, Antonio cresce in Svizzera, ma viene presto espulso per le intemperanze del suo carattere. A Gualtieri, in Emilia, paese d’origine dell’uomo che ne assunse la paternità, Antonio si ritrova a vivere in estrema indigenza. Afflitto da problemi fisici e psichici, solo nella pittura sembra trovare pace. Protagonisti dei suoi quadri sono personaggi e momenti della vita rurale che si svolge intorno a lui, ma anche leoni, tigri e animali esotici. Il tutto è rappresentato con i colori sgargianti e potenti di quello stile che viene definito “naif”. Sarà lo scultore Mazzacurati, convinto sostenitore della funzione sociale dell’arte, a intuire il talento di Antonio e la sua necessità espressiva. Per questo lo incoraggerà a proseguire.

Giorgio Diritti, è regista, sceneggiatore e montatore. Autore di documentari e di un film televisivo realizzato con Ipotesi Cinema, esordisce nel lungometraggio con Il vento fa il suo giro (2005), girato in lingua occitana. In dialetto bolognese è, invece, il successivo L’uomo che verrà (2009) che, attraverso lo sguardo della piccola Martina, racconta l’insensata ferocia della Storia con la rievocazione della strage di Marzabotto. In Amazonia è ambientato Un giorno devi andare (2013) presentato al Sundance Film Festival. Il successivo Volevo nascondermi è stato presentato al Festival di Berlino 2020 dove il protagonista Elio Germano ha vinto l’Orso d’argento quale migliore attore.  


Arca Russa

regia di Aleksandr Sokurov, con Aleksandr Sokurov, Sergei Dontsov, Mariya Kuznetsova, Leonid Mozgovoy, Mikhail Piotrovsky, David Giorgobiani, Aleksandr Chaban

2002, Russia, Germania, 99’, storico, fantastico

Un personaggio misterioso si ritrova dentro il Palazzo d’Inverno di S. Pietroburgo. Un diplomatico francese lo guida attraverso le infinite sale del palazzo. E così, tra opere d’arte e da porte socchiuse, ecco apparire i personaggi più noti della storia russa. Ecco Caterina I, Pietro il Grande, Nicola I e Nicola II Romanov. La Storia prende vita e ci si presenta in modi tanto curiosi quanto inaspettati, finché tutta la nobiltà russa sembra ritrovarsi nelle bellissime sale di un Hermitage che diventa una realtà quasi fuori dal tempo e dallo spazio, uno scrigno che racchiude la Storia di un popolo.

Aleksandr Sokurov è laureato in Storia e Filosofia e, prima di accedere alla prestigiosa scuola di cinema di Mosca, ha realizzato numerosi documentari, tra cui un’intervista a Aleksandr Solženicyn. Osteggiato talvolta per le sue scelte artistiche, Sokurov è stato difeso dall’amico Andrej Tarkovskij. I suoi film hanno avuto importanti riconoscimenti internazionali: Moloch, sulla figura di Hitler, ha vinto per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes, Faust il Leone d’oro a Venezia nel 2011. Scelte tecniche e artistiche molto forti caratterizzano le opere di Sokurov. Arca Russa, ad esempio, è un unico piano sequenza di oltre un’ora e mezza la cui realizzazione ha comportato uno sforzo produttivo, ideativo e organizzativo difficilmente immaginabile.  


The Square

regia di Ruben Östlund, con Claes Bang, Elisabeth Moss, Dominic West, Terry Notary, Christopher Læssø

2017, Germania, Svezia, Francia, Danimarca, 142’, drammatico, commedia

Christian è l’importante direttore di un museo di arte contemporanea di Stoccolma. Affascinante e inserito nel mondo che conta, Christian è in procinto di organizzare una mostra il cui elemento fondamentale è la creazione di uno spazio performativo molto particolare. Si tratta di un quadrato semplicemente delineato sul pavimento. I visitatori, che varcandone il tracciato diventano protagonisti della performance, sono chiamati a gesti di altruismo verso chi gli è vicino. In poche parole, devono aiutare il “prossimo”. Tutto questo, però, si scontra con l’esistenza stessa di Christian, ne mette in luce le profonde contraddizioni e getta lo stesso Christian in un caos da cui sarà molto difficile uscire.


Ruben Östlund ha frequentato la scuola di cinema di Göteborg. Il suo documentario Familj igen (2002) racconta la separazione dei genitori e, con una durata di circa un’ora, ha solo ventuno tagli di montaggio. Anche nelle opere successive a uno sguardo estremamente lucido si accompagna una fortissima ricerca formale. Forza maggiore (2014) ha vinto nella sezione “Un certain regard” al Festival di Cannes 2014, mentre nel 2017 The square ha vinto la Palma d’Oro.

Ritratto della giovane in fiamme

regia di Céline Sciamma, con Noémie Merlant, Adèle Haenel, Luàna Bajrami, Valeria Golino

2019, Francia, 119’, drammatico storico sentimentale

Nel XVIII secolo, la pittrice Marianne riceve l’incarico di ritrarre la giovane Héloïse. Questa, infatti, dovrà sposare l’uomo che era destinato alla sorella scomparsa prematuramente. La situazione economica della casa non consente altre vie d’uscita, ma perché il promesso sposo accetti la sostituzione sarà necessario inviargli un ritratto della sua nuova futura sposa. Héloïse, però, si rifiuta di farsi ritrarre. Per questo la madre chiede alla pittrice di fingersi dama di compagnia relegando l’attività pittorica solo nei momenti di solitudine: dipingerà il volto della giovane, con cui avrà passato tutto il giorno, solo andando a memoria. L’amicizia e il sentimento che nasce tra la pittrice e la sua inconsapevole modella, però, complicherà non poco lo svolgersi degli eventi. 

 

Céline Sciamma, sceneggiatrice e regista, è nota in Italia soprattutto dopo il riconoscimento ottenuto con il suo secondo lungometraggio, Tomboy, al Torino Gay and Lesbian Film Festival del 2011, in cui affrontava l’argomento dell’identità di genere. Temi legati all’età, alla percezione e alla realizzazione di sé sono al centro anche dei suoi film successivi, come Diamante nero (2014) e Ritratto della giovane in fiamme del 2019. Anche dopo avere diretto film in qualità di regista, Céline Sciamma ha proseguito la sua attività di sceneggiatrice.

The Danish Girl

regia di Tom Hooper, con Eddie Redmayne, Alicia Vikander, Matthias Schoenaerts, Ben Whishaw, Amber Heard, Sebastian Koch, Pip Torrens, Emerald Fennell, Adrian Schiller, Richard Dixon, Henry Pettigrew

2015, Stati Uniti d’America, Regno Unito, Danimarca, Belgio, Germania, Giappone, 120’, biografico drammatico

Nella Danimarca degli anni Venti, Einar Wegener è un pittore ed è sposato con la pittrice Gerda. Un giorno Gerda chiede al marito di posare per lei al posto di una modella che, per un impegno imprevisto, non si può presentare. Einar è dapprima imbarazzato ma poi accetta. La cosa si ripeterà anche in seguito, al punto che, insieme alla moglie, un giorno Einar andrà a una festa vestito da donna, presentandosi come Lili Elbe. Vestito e truccato da donna, però, susciterà le attenzioni di Henrik, pittore notoriamente omosessuale. Il gioco tra Einar e Gerda sembra sfuggire di mano. L’identità femminile è quella che Einar sente come la sua vera identità. Il percorso per diventare totalmente quello che sente di essere sarà lungo, incerto e doloroso: Einar, che per tutti sarà Lili, è la prima persona al mondo che nel 1931 si è sottoposta a un intervento di cambio di sesso.

 

Tom Hooper ha iniziato in televisione dirigendo serie televisive ed episodi di soap opera. Con Il discorso del re dal 2010, in cui si racconta l’amicizia tra il re Giorgio VI e il logopedista che lo guarisce dalla balbuzie, Tom Hooper raggiunge la notorietà internazionale. Il film, infatti, vince diversi Oscar, tra cui quello alla miglior regia. Pluripremiato sarà anche il successivo Les Misérables (2012), tratto dall’omonimo musical. Dopo The Danish Girl (2015) il regista dirigerà un altro musical: Cats (2019).

In the mood for love

regia di Wong Kar-wai, con Maggie Cheung, Tony Leung Chiu-Wai, Rebecca Pan

2000, Hong Kong, Cina, 98’  Il film è ispirato al romanzo Un incontro dello scrittore Liu Yichang ed è ambientato a Hong Kong negli anni Sessanta del Novecento. Qui, infatti, si incontrano Chow Mo-wan e Su Li-zhen, che, lo stesso giorno, vanno ad abitare nel medesimo condominio. Entrambi sono già sposati, ma proprio i loro rispettivi coniugi, uniti da una relazione clandestina, gli danno motivo di frequentarsi e conoscersi. Tra i due nasce a poco a poco un sentimento che va oltre la semplice amicizia. E di questo sembrano accorgersene anche gli altri, al punto che Chow Mo-wan e Su Li-zhen, per sfuggire allo sguardo dei vicini, si troveranno in una stanza d’albergo. Il loro sentimento, però, non si concretizzerà mai in un tradimento dei loro, pur infedeli, coniugi. E questo segnerà la loro vita per sempre. 

Wong Kar-wai è un regista e sceneggiatore caratterizzato da una fortissima originalità di linguaggio. La sua formazione avviene ad Hong Kong dove, nel 1980, consegue il diploma di design grafico. E sempre a Hong Kong prende l’avvio la sua carriera cinematografica. Dopo avere lavorato in televisione, infatti, nel 1988 realizza As tears go by, che ottiene subito un grande successo di pubblico. Proprio il rapporto con il pubblico, però, in seguito si rivelerà incostante. Lo sperimentalismo formale del regista talvolta troverà soprattutto consenso di critica e questo lo imporrà all’attenzione anche dei festival internazionali. Nel 2004 Wong Kar-wai presenterà al Festival di Cannes il film 2046, che si riconnette tematicamente a In the Mood for Love e che è ambientato l’anno prima della riannessione di Hong Kong alla Cina.